La forza della voce - page 30

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GIOVANI E DISOCCUPATI EUROPEI
(26/11/2013)
“Bene, e adesso che abbiamo parlato, che facciamo?”, esclama la titolare del panificio, una
delle prime a raccontarmi in una intervista che cosa sta accadendo al mondo del lavoro
perseguitato da una politica inetta, onnipresente e infastidita dall’esistenza in vita del mondo
dell’impresa.
“Iniziare a parlare è una fiammella nel buio”, si commuove invece una consulente del lavoro
che ha testimoniato del cortocircuito che paralizza l’Italia.
“Che fare adesso, io non so dirvelo”, rispondo, “traete le conseguenze dalla vostra presa di
coscienza, altrimenti, come si dice che stiano facendo in molti, abbandonate questo paese,
anziché attivarvi a rifondarlo.
Ma è davvero così risolutivo andarsene?
A caratteri cubitali, tipo quelli che i giornali americani riservavano all’Europa in corsa verso la
rovina negli anni trenta del secolo scorso, in prima pagina sull’International New York Times è
comparso il 16 novembre un reportage della giornalista Liz Alderman, intitolato “Giovani e
disoccupati in Europa. Il problema più pressante del continente lascia milioni a patire”.
La reporter descrive casi esemplari, una diplomata in sociologia che trema in attesa della
risposta di un supermercato al suo curriculum e intanto alloggia in una stanzetta grazie alla
cortesia di amici. Racconta che non era certo il suo sogno dopo tanti studi, ma forse solo una
rara speranza dopo tanti impieghi a termine, descrive altre domande di impiego finite nel nulla
e datori di lavoro che offrono posizioni non pagate. I genitori l’avevano pregata di unirsi
all'attività di famiglia, ma non avrebbero avuto il modo di pagarla. "Una situazione al di là del
nostro controllo, ma non diminuisce il senso di colpa, è dura alzarsi dal letto, cosa ho fatto di
sbagliato?", conclude.
L’articolo riporta che sono milioni i giovani europei a porsi la stessa domanda. Cinque anni
dopo l'inizio della crisi, la disoccupazione sotto i 24 anni è al 56 percento in Spagna, 57
percento in Grecia, 40 percento in Italia, 37 percento in Portogallo, 28 percento in Irlanda, 25
in Francia, 22 in Belgio, Dai 25 ai 30 anni siamo a metà o due terzi di tali cifre e continuano a
salire, 41 percento in Grecia, 34 in Spagna, 22 in Portogallo, 20 in Italia.
I lavori oggi disponibili sono precari e a basso salario, la vita è difficile anche per chi è già nella
forza lavoro, nei paesi più colpiti le condizioni di offerta di lavoro sono ai limiti dello
sfruttamento.
Dalla Grecia all’Italia, dalla Spagna al Portogallo i giovani in gran numero scelgono di
andarsene in cerca di opportunità altrove, togliendo al proprio paese cervelli, ambizioni,
talenti. Una sfida economica in tempi di populismo che cresce. Pur nella limitata crescita che
pare da qualche parte stia tornando, il problema non pare aggiustarsi. Una intera generazione
teme di essere saltata.
Dicono :
"Non ho raggiunto alcuna delle mie aspettative ad una età in cui avrei dovuto (28 anni)",
"anche se usciamo dalla crisi in quattro anni, ne avrò già 32 e poi cosa?", per la generazione
colpita dal 2008, la domanda è se recupereranno gli anni perduti.
"Andarsene dal paese di nascita dovrebbe essere una libera decisione, non una scelta
obbligata”.
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